23.2.07

Ernesto

Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza.

IL CORVO ALL'INCONTRARIO [2]

Il mattino seguente Primo si svegliò di buonora e di ottimo umore, suo padre invece era triste e rabbuiato e sembrava non voler alzarsi dalla sedia scassata su cui era seduto.

Continuava a guardare fuori dalla porta, come se guardasse la scaletta di legno di una forca, poi con una spinta si alzò in piedi, si mise il bonetto sformato in testa e la giacca di velluto buona.


“Io vado, torno per pranzo”


Disse rivolto a tutti e a nessuno in particolare.

Poi uscì e si incamminò lungo la piccola cavedagnia che dalla loro casa portava fin sulla via Emilia e dopo poco sparì dietro ad una curva.

Il resto della mattina Primo lo passò nei campi, lavorando come non aveva mai fatto nei giorni precedenti.

Zappò e ripulì il terreno da buona parte delle erbacce poi verso il mezzodì rientrò, tutto sudato, a casa.

Il padre era seduto sui gradini di pietra della porta d'ingresso, si teneva il capo con le mani e quasi non si accorse dell'arrivo di suo figlio finché non gli si sedette accanto.


“Come è andata Babbo?”


Chiese con una nota rilassata nella voce, che Alcide scambiò per fanciullezza.


“Non bene figliolo” disse “non bene” poi si alzò ed entrò in casa.


Le ore del pomeriggio si susseguirono costellate di discussioni tra i genitori e i fratellini che chiedevano a Primo che cosa stesse succedendo, fino alla cena e finalmente all'ora di coricarsi.

Questa volta Primo diede prova del suo nome e fu lesto a mettersi sotto le coperte e a raccomandare agli altri di addormentarsi, poi si mise in attesa.


Le ore passavano lente, ma nessuno sembrava apparire, finché poco prima dell'alba dalla madia si sentirono alcuni rumori, un piccolo grattare contro le piccole ante poi, con un urlo divertito dei suoi due cavalieri, un topolino di campagna si lanciò fuori correndo come un matto.

Il topino era bardato di tutto punto con due piccole selle, manco a dirlo una d'orata e una nera, e con delle briglie ornate di nappe e nastri multicolori.

Oro e Nero lo cavalcavano con molta eleganza, come se montassero il miglior destriero della scuderia della Dama.


Primo appena li vide scattò a sedere e quasi si lasciò andare in un urlo di gioia, salvo poi pensare che non voleva svegliare i fratelli addormentati.

Il topo intanto si era arrampicato sulla coperta e scesi dal loro destriero i due piccoli cavalieri si stavano inchinando in segno di saluto.


“Buonasera Primo, ben trovato!” dissero in coro


“Buonasera” rispose il bambino “allora?” fece impaziente


I due si guardarono per un istante come incerti di quello che stavano per dire poi, preso un sospiro per farsi forza, Oro prese a parlare.

“Vedi Primo noi abbiamo capito quello che succede nel campo dei tuoi genitori, il fatto è che voi vivete sopra la terra del corvo all'incotrario”


Il bambino strabuzzò gli occhi in un'espressione quasi comica, ed emise un “...Eh?” interrogativo che dava l'idea di quanto poco ci capisse.


Nero allora prese la parola, dopo aver dato al topo un pezzo di formaggio.


“Vedi vicino al vostro mondo ce ne è un altro, quello in cui viviamo noi, quello delle fate. Li ci vivono tutti i sogni tutti gli incubi”

e qui fece un sorriso significativo gonfiando il petto come a potare una medaglia e rimase imbambolato con gli occhi sognanti.


Primo e Oro si guardarono, il secondo scuotendo la testa si avvicinò al fratello, e facendo segno al bambino di aspettare un secondo prese ad accarezzare Nero.


“Nero...” disse con dolcezza “ Nero su che Primo aspetta, vai avanti, lo sappiamo che sei il peggior incubo di tutti e che il principe con un corno solo ti ha fatto i suoi complimenti... dodici secoli fa...”


“Dicevo” fece Nero riscuotendosi” insomma ci viviamo noi tutti, ecco il problema che normalmente questo mondo è, diciamo, di fianco al vostro e questo non crea problemi, se noi vogliamo mangiare le vostre cose semplicemente le prendiamo dalle vostre tavole e credenze mascherandoci in qualche maniera e voi, se proprio non volete essere gentili, cosa che capita spesso peraltro, ci scacciate”


Primo fece un timido segno di assenso.


“Ecco il problema che qui il nostro mondo è sotto al vostro e per giunta sottosopra, diciamo che è come se si specchiasse in una pozza d'acqua, e se non ci fosse un campo non ci sarebbero problemi, ma il bello è che qui, o meglio li” indicò il pavimento con la manina” ci vive un corvo,niente di troppo speciale, solo un po' più grosso degli altri, che per campare si mangia i semi che tuo padre pianta”


A questo punto primo aveva capito


“Be bene allora basta che io scacci questo corvo no? Come faccio ad arrivare li sotto?”


Il topo si alzò in piedi sulle zampette posteriori e messosi sul naso due occhialini da professore iniziò a parlare alla bocca spalancata di Primo.


“Inscito bascbin”


Oro gli si fece vicino e con delicatezza aiutò il topo spazientito a togliersi il morso e le briglie


“DICEVO!” disse allontanando il folletto con una spinta stizzita “Innanzitutto bambino chiudi la bocca che se no ci faranno il nido le mosche” lo fece di scatto “ mi presento sono il professor Pungaza mi occupo di umanologia all'università di Felsina, i signori qui mi hanno sottoposto il vostro caso, e credo ci sia un possibilità per farti passare, diciamo disotto.” Qui il topino, o meglio il professore, prese una lunga pausa ad effetto

“devi essere ribaltato”

21.2.07

Rebus Politico Cromatico

Soluzione 5-6!!!

Questa giuro che la Finisco

IL CORVO ALL'INCONTRARIO [1]



Secoli e secoli fa, vivevano nella pianura tra Bologna e il mare moltissime famiglie di contadini, coltivavano una terra ricca e abbastanza generosa e nonostante le alte tasse che i loro mezzadri pretendevano nessuna di queste poteva veramente dire di soffrire la fame, nessuna tranne gli affittuari di un piccolo podere sulla via Emilia.

Qui la stessa terra che solo pochi metri più in la riempiva il campo di spighe di grano e di erba medica sembrava volersi mangiare ogni singolo seme che la famiglia infilasse tra le zolle.

Il padrone, così come in contadini, non era affatto contento e dava il tormento al povero Alcide, era il capofamiglia e il padre di sette bambini, tanto che un giorno lo mandò a chiamare perché si presentasse a lui la mattina a venire.


Alcide a quella notizia non seppe che fare, ovviamente non poteva non presentarsi ma anche andare avrebbe significato il licenziamento e forse la perdita del podere.


Primo il suo primogenito, Alcide non era un uomo di molta fantasia e nemmeno Giuseppina sua moglie, vide il padre e si accorse della grande agitazione in cui si trovava.


“Che hai Babbo?”


Chiese guardandolo dal basso dei suoi undici anni


“Nulla, stai tranquillo”

Rispose distrattamente mentre con una mano gli scompigliava i capelli.


“Vai a dormire che è tardi”


Primo fece come gli era stato detto e come ogni sera andò nel grande letto di legno scuro che divideva con i suoi fratelli, e si coricò sul bordo con i piedi di uno dei piccoli ad accarezzargli una guancia, ma non si addormentò.

In silenzio tese le orecchie per sentire che cosa dicessero i suoi genitori, passarono i minuti finché i singhiozzi della madre non arrivarono fino a lui


“Ma che cosa faremo caro?”


Diceva tra si sospiri e le lacrime


“Non ne ho idea, ma domani qualche cosa mi verrà in mente, ora dormi e stai tranquilla”


Sentito questo Primo non riuscì più a prendere sonno con tutti i pensieri che gli giravano per la testa, ragionava e studiava un modo per aiutare il padre ma non gli venne in mente nulla.

Verso l'alba, quando la notte si fece veramente gelida, e Primo stava per cedere al sonno accadde una cosa veramente incredibile.

Da dietro ad una delle ante della piccola madia del pane, gli arrivarono delle vocine sottili sottili.


“Ho mo boia quanto ci mette ad addormentarsi Oro?”


Disse la prima con fare stizzito


“Non lo so Nero, però stai zitto che se ci sente sono guai grossi”


Rispose la seconda con un tono più paziente


“No senti io vado a dare un'occhiata, è un po' che sta fermo e io ho freddo, magari si è addormentato”


Disse di nuovo la prima, sempre più spazientita, mentre Primo si metteva a far finta di dormire.


“No no hei fermo, ecco bene e adesso se è sveglio che facciamo?”

“Ma che sveglio e sveglio è li che russa beato”

“Nero sei sicuro?”


La porticina della madia si aprì e due piccolissimi omini vestiti di tutto punto ne uscirono, entrambi portavano dei tricorni e delle scarpette di vernice nera con delle grandi fibbie lucenti, l'unica differenza era nei ricami delle loro giacche quelli del primo ad uscire erano di un nero profondo e un po' spaventoso, come il suo piccolo ombrello, mentre quelli del secondo, che non sembrava poi così convinto a muoversi, erano dorati e così anche l'ombrellino.


Velocemente i due balzarono prima sul pavimento, dove atterrarono dolcemente utilizzando gli ombrellini come paracadute, e da li saltarono sulla testata del letto proprio sopra il capo di Primo.


“Finalmente si è addormentato, non ne potevo più di starmene li dentro, oltretutto quel topo stava veramente iniziando ad infastidirmi con tutte le sue lamentele sul corvo all'incontrario”


Disse Nero mentre cercava la sicura del suo ombrello


“Ei che fai?” lo fermò Oro


“Gli mando un bel carico di incubi, così impara a non addormentarsi!”

Ribatté l'altro scuotendo con forza il piccolo oggetto

“E APRITI!”


“Ma no, ma no, poveretto, già praticamente non mangiano e tu vuoi anche terrorizzarlo mentre dorme. Non mi sembra il caso!”


A queste parole Primo non riuscì più a trattenersi e disse


“Grazie signor Oro, in effetti ho la pancia vuota e proprio non mi va di fare brutti sogni”


Entrambi gli omini esplosero in un AAAAAAAAAAAAAAA terrorizzato e si misero a correre per il letto finché non andarono a sbattere uno contro l'altro.


Il bambino rise dietro la mano di quello spettacolo che si era concluso con un'esplosione di polverine luminescenti nere e oro scaturite dai due piccoli ombrelli.

Ora i tre si guardavano in silenzio, il bambino con un'aria divertita e incuriosita, i folletti, perché di questo si trattavano i due omini, impalati e immobili con gli occhi a piattino e le bocche serrate.


“Fai finta di essere di legno” sussurrò Oro a mezza bocca al suo compagno


“Va bene” rispose Nero che iniziò a cantilenare “Ciocco di legno, sono un ciocco di legno, ciocco di legno sono un ciocco di legno” agitando le manine come a lanciare un incantesimo su Primo che se la rideva sotto in baffi per non offenderli.


“Ma sei scemo?!?” sbottò Oro “Ti sembra il modo di far finta di essere di legno?”

“Shhhhhhhhh! Lo sto ipnotizzando” sibilò di rimando Nero “Sono un ciocco di legno, ciocco di legno”

A quel punto una delle scarpine di Oro si andò a conficcare nel sedere dell'altro folletto che con un'imprecazione era saltato in piedi e subito ne era scaturita una piccola rissa.


Primo diede un colpo di tosse e con un riso mezzo soffocato chiese


“Ciao chi siete? Io mi chiamo Primo ed è un piacere conoscervi”


“Hei Oro mi sa che non dorme sai?”


“MA VA! Smettila di mordermi le calze e fammi alzare CRETINO, che vediamo di risolvere sta faccenda”


Ora i due si stavano aggiustando le bluse stropicciate con le mani mentre si rialzavano, poi Oro prese la parola e dopo essersi schiarito la voce disse


“Buonasera giovine Primo, noi siamo...”


“DEMONI TREMENDI!!!!” Urlò Nero alzando le mani sopra la testa e ciondolando da un piede all'altro


“Ma che Demoni e Demoni Imbecille!” disse Oro mentre con una manata faceva finire a gambe all'aria il fratello.


“Dicevo... Dicevo?”


“Voi siete...?” Incalzò il bambino


“A già noi siamo...” nero fece un rumore simile ad un rullo di tamburi con le mani


“I folletti dei sogni, i seralocchi” disse di volata Primo.


“E tu come lo sai?” risposero gli altri guardandolo sbigottito


“Vi ho riconosciuti dagli ombrellini, la mamma mi racconta sempre di voi prima di dormire”


“Bene presentazioni fatte, ora vuoi dirci perché non dormi, sono tre ore che stiamo rinchiusi in quella scatola aspettando che ti addormenti!”


Fece Nero spazientito e battendo con fare eloquente il dito su una cipolla che aveva preso dal suo taschino.


L'espressione di Primo si fece via via più seria, mentre raccontava ai due di come l'indomani suo padre sarebbe dovuto andare dal mezzadro che voleva toglier loro la terra perché non produceva abbastanza, e della mamma che non sapeva più che cosa mettere loro nel piatto la sera.

Quando smise di parlare i due folletti si stavano soffiando i grossi nasi in due fazzoletti ricamati


“Sniff che storia triste”


Dissero all'unisono tra i singhiozzi esagerati.


“Senti facciamo così tu ora dormi e noi domani vedremo di darti un mano, ma mi raccomando non farne parola con nessuno, la dama di Felsina non ha piacere che noi ci si immischi in queste faccende”


“Va bene” Disse primo e si addormentò.

19.2.07

Karol


"Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se mi sbaglio, mi corigerete."

8.2.07

SOSIA!!!!!

Si dice che nel mondo ci siano almeno due persone identiche....
In questo video ci sono le prove :-)
Dio mio ci devono aver separati alla nascita....
P.S.
Compare a 2 minuti e trenta...
FA PAURA

6.2.07

“Il vangelo secondo Gesù Cristo”



Ancora non lo ho finito, e sicuramente si potranno trovare in rete recensioni ben migliori della mia, ma se vi capita, o meglio se volete leggere qualche cosa di diverso e interessante cercate “Il vangelo secondo Gesù Cristo” di Josè Saramago.

Lo scrittore, che nel 1998 ha vinto il Nobel per la letteratura, imposta una storia della vita di Gesù, un vangelo, molto umano e concreto.

La religione e la figura di Dio vengono messi spesso in discussione in una serie di dialoghi che non solo ci mostrano un Gesù, bambino prima e adulto poi, alle prese con le paure e i dubbi di chi il mondo lo vive da uomo, ma cosa più importane rendono il Dio un essere fallace e molto più vicino agli uomini di quanto essi stessi non vogliano credere.

Un libro scritto da un ateo convinto che ha il pregio di avvicinare meglio dei tanti testi sacri alla figura cardine della nostra cultura, rendendola umana e non sovrannaturale, imperfetta e non aliena.

MILLE...Grazie!